Sinossi
Alcune strane nebbie appaiono fin da quando è bambino: sono spiriti di persone defunte, rimaste bloccate nel mondo dei vivi.
Diventando adulto, sfrutterà il suo potere e la sua conoscenza sulle questioni degli spiriti per aiutare alcuni di loro nel passaggio all’aldilà.
Incontrerà Davide, macellaio con un passato burrascoso e una storia d’amore tormentata. Poi Bandele, immigrato guineano che si aggira per la stazione ferroviaria nel tentativo di raggiungere il figlio disperso. Infine Clara, bambina autistica trapassata poco prima di un compito importante, che ha lasciato in lei un segno indelebile.
Anime che cercano una possibilità di riscatto che solo il protagonista giovane senza nome, accompagnato dal fantasma della nonna, potrà indicare loro.
Ma scoprirà ben presto che vedere gli spiriti non è sufficiente per salvarli. Dovrà fare ricorso a tutta la sua esperienza e umanità, mettendosi sempre in discussione, poiché ogni caso è unico e come tale va trattato, se intende risolverlo davvero.
Un insegnamento che gli darà una seconda possibilità per leggere diversamente i suoi rapporti con gli spiriti più particolari e irrisolti di tutti: i vivi.
Anteprima
Mi accorsi di vedere i fantasmi quando avevo circa otto anni. Non so perché successe proprio a quell’età e non prima, oppure non dopo: so solo che successe.
Ho provato a cercare qualche informazione a riguardo, ma non è facile trovare fonti attendibili in merito. Ho cercato su internet e ho letto libri, ma tutto quello che ho trovato era scritto da persone che chiaramente non avevano mai visto un fantasma dal vivo. O dal morto.
Sta di fatto che iniziò tutto a otto anni. Mia nonna era morta da poco, trovata senza vita nel suo letto una fredda mattina di dicembre. I miei genitori in un primo momento cercarono di tenermi nascosta la notizia, ma io sapevo che era successo qualcosa di strano. Non perché avessi visto la loro preoccupazione (ammetto di essere stato un bambino poco sveglio e poco incline alle osservazioni), ma perché percepivo nell’aria qualcosa di diverso: una sorta di presenza.
Quella mattina mi mandarono a scuola come se nulla fosse, dicendomi che la nonna non sarebbe venuta a salutarmi perché aveva preso il raffreddore ed era costretta a letto. Pur sembrandomi strano, decisi di fidarmi di mamma e papà e uscii di casa come tutti gli altri giorni.
Durante le lezioni non stavo mai troppo attento, essendo molto più attratto dagli uccelli che volavano oltre le finestre o dalle cicche rinsecchite che trovavo sotto al banco, ma quel giorno, durante tutta la mattina e il pomeriggio, qualcosa di diverso attirò la mia attenzione: si trattava di una strana nebbia, molto fioca ma reale, che mi seguiva ovunque andassi.
Sulle prime non ci feci molto caso. Come ho già detto, ero e sono un tipo distratto, ma più la osservavo, più mi rendevo conto che qualcosa non tornava. Non era uno di quei banchi di nebbia che si vedono nei campi d’inverno e neppure una cosa simile alla nuvoletta di Fantozzi, era piuttosto una sagoma biancastra dalle dimensioni pressappoco di una persona. Chiesi al mio compagno di banco se anche lui la vedesse e lui mi rispose di non vedere niente di strano, salvo il maglione nuovo della maestra. Quello sì che lo vedeva, anche se avrebbe preferito farne a meno.
Ovviamente non potevo accontentarmi del giudizio di una persona sola, così iniziai a inviare bigliettini in ogni regione della classe, persino in quella più remota e fredda vicino alla cattedra e alla finestra con gli spifferi. Tutti quelli che riuscirono a rispondermi mi scrissero che non vedevano niente, e qualcuno aggiunse addirittura che forse mi era venuta la stessa “malattia” che non permette a mio nonno di vedere bene. Persino la maestra ci tenne a precisare per iscritto sul diario: L’alunno disturba la lezione cercando cose immaginarie.
Ebbi così la certezza che nessuno vedeva quello che vedevo io. Eppure, io sapevo di non avere la malattia del nonno e di non essere diventato matto, anche se ancora non sapevo di cosa fossi capace.
Arrivarono le quattro insieme al momento di tornare a casa. Mia madre venne a prendermi con mio padre (cosa molto strana) e mi portò a comprare mezzo chilo di caramelle (cosa ancora più strana) per poi rientrare piano piano e in silenzio verso casa, mentre i miei denti già erano coperti da una considerevole patina di zucchero.
Vicino al cancello notai un insolito via vai di gente e a quel punto non poterono più nascondere quanto era successo. Mi dissero tutto, in mezzo alla strada, sottovoce, talmente sottovoce che il cinguettio dei passeri rendeva difficile sentirli. Mi dissero che la nonna non c’era più, che era andata via dormendo e sicuramente le dispiaceva molto di non essere venuta a salutarmi.
Non ricordo come reagii. Ricordo solo vagamente – più per i racconti dei miei genitori che per la mia memoria – che rimasi seduto in camera mia per circa due giorni, mangiando caramelle e bevendo succo di frutta, mentre oltre la porta della mia stanza una sfilata infinita di persone sconosciute rendeva omaggio a nonna.
Non mi permisero di vederla e nemmeno di andare al suo funerale. Sicuramente lo fecero per non traumatizzarmi, ma così facendo impedirono che qualcosa si concludesse, e forse è proprio per questo che con l’andare del tempo la strana nebbia si fece sempre più consistente, fino a che non capii di avere una dote molto particolare.